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La mia esperienza col Game Chef 2015

Il mio amico +Francesco Sedda, in un post sulla community italiana del Game Chef, ha chiesto ai partecipanti alla competizione di scrivere un paio di righe riguardo alla propria esperienza, per poi trarne un articolo da pubblicare sul blog Pixel Food.
Ho pensato di prendere due piccioni con una fava e di scrivere anche un breve post per il mio blog, ed eccomi qui!

Quest’anno, tema e ingredienti del Game Chef mi hanno spiazzato di meno di quello che magari qualcuno avrebbe potuto credere. Da sùbito, hanno cominciato a balenarmi idee nella testa: la primissima è stata quella di scrivere un gioco destinato a degli ipotetici androidi di una società futura, vittime di discriminazione da parte di noi esseri umani.

Quell’idea è stata scartata perché “le cose non mi hanno cosato”, nonostante sia tuttora convinto che sarebbe stata un’idea stupenda. Per fortuna che mi è venuta quasi sùbito una seconda idea, ispirato a per metà da un post di una mia amica su Facebook e per l’altra metà da una conversazione in chat col mio amico +Francesco D'Arcadia.

Questa altra idea riguardava un gioco che parlasse di abbandono canino e dei tristi momenti di abbandono vissuti nell’ottica di un cane e in chiave onirica. Una delle prime suggestioni visive che ho avuto è stato il videogioco Limbo, ma vi assicuro che ne ho avute molte altre, diverse delle quali sono elencate nel file del gioco, mentre altre ancora mi sono proprio dimenticato (ingiustamente) di aggiungerle.

Durante i primi due giorni, ho lasciato che il mio cervello si autoalimentasse, fino a che in testa non avevo in mente quasi tutto lo scheletro del gioco. Poi ho cominciato a mettere giù la parte iniziale e, quando sono arrivato alle meccaniche, mi sono bloccato per alcuni giorni, siccome quella è sempre la parte più difficile da sistemare.

Alla fine ero maledettamente in ritardo, ma non mi andava di lasciare il gioco a metà e ci tenevo a partecipare al concorso, sebbene sia tuttora convinto di non aver prodotto nulla di innovativo, anche se nato da un’idea carina. Mi sono costretto davanti al computer e ho riempito tutti i vuoti: ho scritto e riscritto le meccaniche, fino a che nella mia testa non hanno combaciato senza troppi scricchiolii.

Ed ecco come sono arrivato a scrivere Non tutti i cani vanno in paradiso! Spero che vi possa piacere.

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