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Blades in the Dark: Gioca uno scavezzacollo, non un coniglio

Undying (copertina edizione americana)

Questo è il primo consiglio che mi sento di dare ai futuri giocatori di Blades in the Dark (John Harper, 2017).

Il gioco ti mette in mano un criminale e ti promette che avrai successo spesso (il 50% delle volte, anche con un solo dado!), ma che il tuo successo sarà mitigato da costi e complicazioni, cosa che serve per tenere i personaggi costantemente sulle spine, come si addice al genere di riferimento (il crime drama).
E, invece, cosa ho visto che succede, a volte? Che, appena i giocatori vedono che le cose cominciano a diventare meno pulite di quello che avrebbero voluto, facciano ritirare o scappare dal colpo i loro personaggi.
Ma, ragazzi, questa è la base di Blades in the Dark: le cose andranno a ramengo per definizione! Tutto il gioco è progettato apposta per far sì che questo succeda, senza che il GM debba metterci del suo, anche perché il GM non è davvero lì per fare opposizione (ha risorse illimitate e tutte le sue scelte sono in qualche modo arbitrarie: se fosse davvero lì a fare opposizione, il gioco si romperebbe a furia dei continui litigi che nascerebbero al tavolo).
Infatti, i personaggi hanno lo stress, per tenere duro nelle situazioni di merda; possono aiutarsi, agire in squadra, usare azioni di preparazione (setup actions), ricorrere ai Patti col Diavolo (Devil’s Bargains), ecc.
Inoltre, se fuggite, i colpi falliranno per forza di cose. Un colpo fallito non vi dà profitti (payoff), ma aumenta comunque il livello di allarme (heat) e ci costringe comunque ad affrontare le conseguenze (entanglements) del colpo. Insomma, è una fregatura!
Dovreste scappare dal colpo solo se le cose si mettono molto male, quando non avete più stress e rischiate di morire (e non siete disposti a rischiare di morire per questo colpo).
Tenete conto, inoltre, che le vicende di Blades in the Dark parlano della saga di una banda di criminali (la crew), che si destreggia nel sottobosco di una città industrial fantasy: Doskvol. Il focus non è mai sui singoli personaggi, ma sull’arco narrativo che riguarda la banda nel suo complesso.
Insomma, giocate uno scavezzacollo, non un coniglio!


Aggiornamento: Mi sono accorto che questo consiglio viene dato anche dal manuale stesso, nel capitolo 6 (“How to play”); per la precisione, nei paragrafi “Embrace the scoundrel’s life” e “Go into danger, fall in love with trouble” (pp. 182-183).

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