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Partite giocate a cavallo tra 2016 e 2017

Proprio a cavallo tra gli ultimi giorni del 2016 e i primi del 2017, ho avuto l’occasione di fare alcune partite ad alcuni giochi di ruolo che mi stanno particolarmente a cuore.

Sweet Agatha

Questo gioco di ruolo per due persone dal sapore neo noir – pubblicato nel 2009 e ripubblicato in edizione digitale l’anno ormai passato – è nel mio cuore ormai da tempo. Ne ho parlato già abbondantemente sia su Google+ sia su “Gente che Gioca”.
Venni a conoscenza di esso in un periodo imprecisato nella mia memoria, ma sicuramente prima del 2012, quando l’edizione cartacea era ormai già introvabile da tempo (e quella digitale non ancora disponibile). A marzo dell’anno passato, quando ancora non si sapeva che Kevin Allen Jr. avrebbe ripubblicato il gioco in formato digitale, ne parlai con Moreno e ci accordammo per giocarlo alla prima occasione utile. Finalmente, la settimana scorsa, questa occasione utile è arrivata.
Rispetto alle due partite precedenti che ho giocato (tutte nel ruolo della Verità!) – quella con Fabio e quella con Luca – in quella con Moreno ci sono state alcune differenze significative:
  • Non abbiamo utilizzato le regole opzionali per le scene.

In particolare, non abbiamo mai indicato l’obiettivo della scena da giocare.

Questa era una di quelle regole che ritenevo utili per una buona riuscita della partita ma, giocando in quest’altro modo, mi sono reso conto che, in effetti, non è davvero così importante e che si può giocare senza problemi senza di essa (anzi, forse si evita un po’ di effetto “già visto” oppure di formulare male gli obiettivi; vi ricordo che il manuale non dà indicazioni precise a riguardo).

Abbiamo proceduto nel seguente modo: Moreno, che giocava il Lettore, diceva dove sarebbe andato o cosa avrebbe fatto, dopo la chiusura di ogni scena o all’inizio di quella nuova. Io, come Verità, avrei potuto intromettermi in qualunque momento per proporre una scena “mia”, che mostrasse una qualche traccia investigativa, oppure semplicemente per introdurre luoghi o eventi da fare accadere prima che il Lettore raggiungesse la sua destinazione desiderata o nel tentativo di raggiungerla.

Ho notato che, mentre in tutta la prima fase del gioco, Moreno aveva sempre dettato il ritmo e il susseguirsi delle scene, verso la fine, è successo più spesso che fossi io, invece, a prendere la parola e a inquadrare le scene.

  • Il Lettore è stato abbastanza sulle sue, non mettendo troppo il becco nella gestione del mondo, dei PNG e degli Indizi.

Anche qui, rispetto alle partite precedenti dove, in genere, gli altri giocatori si prendevano qualche libertà in più, qui, invece, Moreno è stato molto all’interno dei confini, tutto sommato non larghissimi, della sua unica, ma importantissima, autorità narrativa sul Lettore.

Questo, a nostro avviso, ha determinato, tra le altre cose, il fatto che, alla fine, la traccia degli Indizi fosse più sensata e meno arzigogolata e, in ultima analisi, tutti gli Indizi fossero più coerentemente connessi tra di loro in una spiegazione che avesse davvero senso, non lasciando quasi nessuna ombra.

Ovviamente, il mio procedere tra gli Indizi è stato progressivo: sono partito da un’idea di massima e l’ho portata avanti a poco a poco, prendendo direzioni inaspettate, seguendo il Lettore nel suo percorso di ricerca della verità e, non di rado, lasciandomi stupire dalle nuove direzioni prese dalla storia. Insomma, non avevo nulla di fisso o di preparato: la “mia” storia è stata completamente emergente, come al solito.

Ci siamo anche chiesti come avrebbe potuto cambiare l’esperienza di gioco nel caso in cui Moreno fosse stato più aggressivo nei confronti delle mie autorità sul mondo, sui PNG e sugli Indizi. Non abbiamo questa risposta e la lasceremo, magari, a una partita futura. Per ora posso solo dire che l’impianto ha funzionato anche nelle due partite precedenti, quando gli altri giocatori hanno osato di più.

Va comunque detto che, come Verità, ho trovato più facile andare avanti in questo modo, siccome non mi è praticamente mai successo che dovessi rivedere il senso degli Indizi che avevo scelto all’inizio della scena sulla base di qualcosa di detto o fatto dal Lettore che andasse in qualche modo sulle mie autorità, stravolgendo il senso delle mie scelte.

  • La partita ha avuto una presenza di soprannaturale decisamente inferiore.

Questo è dovuto principalmente ai gusti estetici di Moreno (mentre io ficco il soprannaturale ovunque e in gran quantità, come gusto estetico personale). Mentre nelle partite precedenti, Fabio e Luca mi avevano seguito abbastanza su questo filone, Moreno ha preferito lasciarmi meno aperture.

La cosa di per sé non è problematica, ma è interessante vedere come ci siamo arrivati: come, in definitiva, abbiamo trovato un accordo tra giocatori, senza parlarne attivamente. 

Ogni qualvolta io, come Verità, introducevo un Indizio o un elemento della storia che andava nella direzione del soprannaturale, sono sempre stato attento alle reazioni di Moreno. Siccome ho percepito quasi subito che non era interessato a una deriva eccessivamente onirica o mistica, mi sono tenuto su un filone molto più soft, che facesse leva semplicemente sull’apparenza misteriosa delle cose, ma come se fosse possibile anche un’altra spiegazione, una spiegazione razionale. 

Alla fine, la teoria soprannaturale si è rivelata semplicemente il frutto della mente malata di un PNG, anche se c’è da dire che un paio di cose che non tornavano appieno hanno comunque lasciato spazio a possibili interpretazioni più mistiche, anche se non molto appariscenti in termini di “effetti speciali” (di quelli ne abbiamo avuti davvero pochi!).

The Hangman Saga

Ho già parlato in precedenza del mio gioco di ruolo sulla saga nordica di un impiccato. A novembre lo avevo già playtetstao per la prima volta con gli amici Anna e Marco di GDR Unplugged ed ero d’accordo per giocarlo una seconda volta con gli amici Giulia e Nicola.

Questo playtest mi ha fatto vedere ancora che la struttura centrale del gioco regge; ora sto cercando le parti dove la casa è più debole. Dalla partita sono emerse alcune cose interessanti:

  • La necessità di rivedere l’interpretazione delle rune.

Fare esperimenti in questo senso, forse, permetterà di risolvere due problemi con un colpo solo:

  1. il fatto che l’Impiccato non sia davvero incentivato a scegliere di perdere i conflitti, con tutto quello che ne consegue;
  2. la possibilità di usare un qualsiasi set di rune per giocare.
  • La possibilità di rivedere le regole per l’inquadramento degli atti.

Non è che non funzioni così come è ora ma, nell’ottica di dare più incentivi all’Impiccato per scegliere di perdere i conflitti, può aver senso agire anche su questa leva.

Attualmente tutte le inquadrature degli atti sono saldamente nelle sue mani, a parte quando perde il conflitto. Può aver senso ribaltare la frittata e fargli inquadrare soltanto gli atti successivi alla sconfitta in un conflitto. In questo modo, si darebbe anche più potere agli altri due giocatori che, andando a inquadrare gli atti in situazioni più problematiche per l’Impiccato, potrebbero metterlo davanti a situazioni più conflittuali e di scelta.

Insomma, da provare.

  • La necessità di rendere più scorrevoli ed eleganti alcune procedure di gioco.

Per esempio, si possono usare delle frasi e dei gesti rituali per scandire il flusso di gioco per aprire e chiudere gli atti, andare a conflitto, proceduralizzare meglio la ritualità che accompagna la gestione delle rune.

Un punto che sapevo già che dovrò rivedere è la gestione degli spunti da mettere nella ciotola: attualmente questa procedura è ridondante con l’estrazione delle rune dal sacchetto. Non è nulla che distrugga il gioco, ma se posso semplificare e renderla più elegante e meno laboriosa, lo farò.

Ad ogni modo, nessuna decisione definitiva è stata presa. Queste modifiche entreranno possibilmente nella prossima versione delle regole, che andrà testata ulteriormente per vedere se regge e se fa quello che voglio che il gioco faccia.

Stonewall 1969

Può essere che ne abbiate già sentito parlare nell’articolo “Giocare a dadi col queer” di Flavio Pintarelli, apparso su Prismo lo scorso novembre; per quel che mi riguarda, seguo questo progetto con entusiasmo fin da quando Stefano, l’autore, me ne parlò per la prima volta, e sono sempre stato uno dei suoi più grandi fan (mi permetto di dire).

Dovete sapere che erano mesi e mesi che si parlava con Stefano di trovarci per provare il suo gioco, che ci mette nei panni di persone comuni che subiscono le ingiustizie e le discriminazione che porteranno ai moti di Stonewall del giugno 1969, e al fiorire del movimento di protesta per il riconoscimento dei diritti della comunità LGBTQ+. Per chi non lo sapesse, Stonewall 1969 è basato sulla struttura e sulle regole di Montsegur 1244 (Frederik J. Jensen, 2009; ed. italiana Narrattiva, 2010).

Finalmente, la settimana scorsa, siamo riusciti a giocarci e la mia impressione è stata decisamente positiva. Qui sotto elenco alcune delle cose che mi hanno colpito maggiormente:

  • Il lavoro di ricerca storica.

Questa è sicuramente una delle parti meglio fatte di tutto il gioco. I testi, i personaggi, gli approfondimenti, ecc. sono scritti in maniera completa ed evocativa e, allo stesso tempo, relativamente sintetica. Si vede che Stefano ci ha messo anima e corpo, e diverse ore di ricerca, e mi permetto di dire che i risultati si vedono eccome.

I testi ci permettono di capire che cosa volesse dire far parte di una minoranza non eteronormativa negli anni Sessanta in America (e, in particolare, a New York). Gli anacronismi, per quanto presenti, sono sempre indicati e sono stati mantenuti con l’unico obiettivo di potenziare l’esperienza di gioco.

  • Il grande sforzo di rispettare e rappresentare adeguatamente i protagonisti.

Stonewall 1969 è un gioco e, come tale, è un’esperienza mediata da delle regole. Non è quel genere di gioco “divertente” in senso stretto, nel senso che, alla fine e durante la partita, non ci faremo quattro amabili risate in compagnia. Semmai è vero il contrario: saremo esposti alla tragicità e al riscatto finale di chi ha subito ingiustizie pur non avendo alcuna colpa.

I personaggi sono davvero rappresentativi di tutte le minoranze e le sfumature, non solo della comunità LGBTQ+, ma anche di quelle etniche. I personaggi sono trattati con rispetto e vengono mostrati in quanto esseri umani, con le loro aspirazioni, le loro paure, la loro rete di affetti e di relazioni.

  • La capacità di smuovere gli animi.

Non capita spesso che un gioco abbia diversi elementi che ti lascino col fiato sospeso, come quando guardi una serie TV o un film emozionante. Ecco, Stonewall 1969 questi elementi li ha.

Il testo è fatto da dio: ha parti che solo a leggerle sono toccanti; i personaggi, la loro storia pregressa e quella emergente dal gioco, la struttura degli atti, il riscatto finale, ecc. sono tutti elementi-trappola che hanno contribuito a rendere molto veri i personaggi e le vicende, e a parteggiare per loro.

Non mi sembra cosa da poco.

Faccio i migliori auguri a Stefano per la riuscita possibile di questo gioco, che ha davvero tanto potenziale e del quale si sente grande bisogno in un momento storico così pieno di ignoranza e paura verso chi non rientra nel nostro ideale di mondo perfetto e cristallino. Un mondo che è spesso reso più torbido, tanto per iniziare, proprio dall’ombra dei nostri pregiudizi.

Muori, Nirûth, Muori!

Last but not least, forse ricorderete del mio progettino arrivato finalista al 200 Word RPG Award 2016: Muori, Nirûth, Muori! Da quando è uscito, è stato sicuramente il mio gioco più giocato di sempre (credo): io ci ho fatto una partita completa e ho spiegato il gioco ad altre persone, quasi che ci dovessimo giocare, in altre due occasioni; inoltre, ci sono stati la bellezza di tre blind playtest, dai quali mi sono arrivate osservazioni e consigli più o meno buoni, che tuttavia ho sempre vagliato con onestà e rispetto.
La settimana scorsa ho avuto la possibilità di giocare anche a Muori, Nirûth, Muori! insieme a Ivan e Mattia, che ringrazio. Non avendo ancora avuto la possibilità di mettermi a revisionare pesantemente il testo, ho provato il gioco nella sua forma di base e senza le regole aggiuntive che stavo pensando di introdurre da tempo (o, almeno, di provare), ma questo mi è stato molto utile perché, per certi versi, sto ancora cercando di afferrare come funzioni il gioco nelle sue meccaniche nucleari.
Tuttavia non pensate che le precedenti esperienze non mi siano servite, anzi. Ho utilizzato i loro frutti per spiegare e dirigere il gioco in maniera che ritengo migliore delle volte precedenti. In particolare, dalla partita ho notato alcune cose:
  • Il nucleo del gioco regge.

Ora c’è solo da capire le sue mille alchimie, cosa va spiegato meglio e cosa può essere aggiunto (o tolto) per renderlo un gioco migliore.

  • Capire se introdurre e come una meccanica sugli “incroci”.

In poche parole, ora come ora, il serpente ha solo due direzioni e non sono consentite divagazioni sull’asse verticale, divagazioni che permetterebbero ipoteticamente di approfondire alcuni episodi durante il gioco.

Stavo già pensando di rendere più vispo il gioco in questo senso, attraverso l’uso delle tessere doppie, per formare a formare incroci verticali sugli episodi, ma questo manderebbe un po’ in vacca il principio cronologico del gioco.

Tuttavia, va detto che va capito se abbia senso o meno tenere il fatto che il serpente debba dipanarsi sempre e solo in forma strettamente cronologica. Eliminando quel requisito si avrebbe un serpente forse meno sensato temporalmente, ma si darebbe, probabilmente, ai giocatori più libertà di spaziare su ciò che li interessa.

Buono anche il consiglio di Daniele F., che assisteva alla partita, di valutare la spesa di tessere del domino come valuta per fare digressioni su singoli episodi.

Insomma, ne ho di cose da pensare.

  • Controllare le interazioni delle domande tematiche.

In particolare, la possibilità di fare domande che vadano a colpire un vizio/tema del Drago fa sì che possa accadere che un giocatore restringa, volontariamente o meno, il campo di azione del giocatore di turno con la sua domanda tematica.

Devo capire se questo è problematico o se va vietato dalle regole, oppure se è legittimo che sia così.

  • Definire meglio il finale.

Non è facile capire quando nessun giocatore ha più tessere da giocare. Se questo non si capisce, si corre il rischio che i giocatori continuino a rubarsi tessere a vicenda non sbloccando mai il finale.

Insomma, serve una regola che gestisca lo sblocco del finale in maniera più elegante e certa.

In conclusione, se la meccanica di base del gioco continua a mostrare di stare in piedi, questo è anche il tempo in cui si vedono emergere le crepe e cominciano a notarsi le parti meno eleganti o da sistemare del gioco.
Nei prossimi mesi, vi avviso che sarò al lavoro con i miei due progetti di game design illustrati qua sopra, oltre che con i progetti vecchi, in primis Tirnath-en-Êl Annûn. Per restare aggiornati, vi basta seguirmi attraverso i soliti canali: questo blog, la pagina Google+, la pagina Facebook, l’account Twitter e il canale Telegram.

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