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Prepararsi a una demo di Fate

Ho recentemente discusso di questo argomento sulla community Google+ di Fate Italia. Una delle cose che è emersa è la difficoltà da parte di potenziali GM e dimostratori di Fate nel preparare la sessione senza prepararsi prima l’avventurina vecchio stile, da far giocare semplicemente ai giocatori così com’è.
Ammetto che è una delle cose che ho notato maggiormente negli ultimi mesi: pare che la gente con cui parlo o non abbia letto o comunque non presti sufficientemente fede al capitolo 9 del manuale di Fate Base, che spiega per filo e per segno come si prepara per davvero uno scenario (o avventura, che dir si voglia) di Fate.
Se poi dovete fare una demo, il discorso si complica ancora di più, per tutta una serie di ragioni.
Riporto qui di seguito il mio commento, nella speranza che possa essere utile a qualcuno.

Fate è un gioco in cui il GM non prepara davvero un’avventura. La preparazione dello scenario si concentra su come intersecare i problemi dell’ambientazione (issues) agli aspetti dei personaggi, compresi i loro problemi (troubles). Ho scritto i termini anche in inglese, perché nella traduzione italiana questa sfumatura si perde, a causa delle scelte di traduzione (che comunque sono azzeccate, eh, perché in fondo si tratta concettualmente della stessa cosa). 

Quando preparate uno scenario per Fate, state facendo qualcosa di imprescindibile dai personaggi e, per certi versi, anche dai giocatori che lo giocheranno. Questo perché le vostre scelte come GM si basano, appunto, sui problemi dell’ambientazione e sugli aspetti dei PG. 

Ma cosa prevede davvero una preparazione dello scenario per Fate? 

Be’, in fondo si chiede al GM di preselezionare un conflitto latente, andando a mettere in gioco qualcosa di problematico per i personaggi. Si tratta di introdurre uno o due problemi per lo scenario corrente. A volte, si può anche “strafare” e concentrarsi su tre o quattro problemi, ma io di solito ne metto sempre un paio, per non avere né poco né troppo materiale. 

Poi, si passa a chiedercisi quali saranno i PNG o comunque l’opposizione coinvolta in questo scenario. Ci si chiede quali siano le loro motivazioni e perché contrastino potenzialmente con quelle dei PG. 

Infine, ci si fanno da una a tre domande sulla storia, che non sono delle domande né banali né retoriche. Sono domande con le quali il GM si chiede, date quelle premesse, come evolverà la situazione, e si prende l’impegno sincero di esplorare quelle risposte come parte del gioco. In definitiva, quando il GM gioca uno scenario, il suo scopo è quello di andare a cercare le risposte a quelle domande, tant’è che lo scenario finisce quando almeno una di quelle risposte è stata trovata, o quando le risposte alle altre domande sono implicite o non più così rilevanti qui e ora. 

In poche parole, per Fate, generalmente parlando, non va bene scrivere uno scenario a monte, come facevo diversi anni fa per le avventure di Vampiri: La Masquerade o di Dungeon & Dragons 3.5, che sono tra i giochi coi quali avevo più esperienza in passato. 

E allora come bisognerebbe fare uno scenario per una demo di Fate, posto che non si conosceranno né i giocatori né i personaggi che prenderanno parte a quella demo? 

A questa domanda ci sono davvero molte risposte: si può scegliere di privilegiare certi aspetti di Fate rispetto ad altri. 

Per esempio, se scelgo di concentrarmi sul dimostrare le regole e le procedure riguardo ai tiri, posso anche preparare un’avventura classica con dei PG pregenerati e fargliela giocare, punto e basta. Come vedremo, questa è la scelta che personalmente sconsiglio e che mi piace di meno. 

Se scelgo di concentrarmi sulla parte di creazione del mondo e dei personaggi, per me sarà imprescindibile fare una normalissima prima sessione. Il rovescio della medaglia è che avanzerà pochissimo tempo per giocare davvero lo scenario, a meno che non si tratti di una demo su più sessioni, ma in questo caso il mio scopo non era tanto quello di giocare la parte di avventura, quanto quello di mostrare la creazione condivisa della partita. 

Ci sono delle vie di mezzo? Sì. 

Per esempio, si possono presentare dei personaggi pregenerati, ma andare a fare delle domande tendenziose ai giocatori e impostare il primo scenario in base a quelle risposte. Si tratta, in definitiva, di definire un solo problema per quello scenario, dei PNG e dei luoghi e di creare l’opposizione al volo. La domanda sulla storia sarà in qualche modo riguardante quell’unico problema. Questo metodo di creazione degli scenari per le demo è spiegato nell’articolo “Two Hour Fate” di Jacob Possin, che trovate in The Fate Codex, vol. 2, n. 1. In questo caso, consentite sempre ai giocatori di cambiare qualche aspetto, abilità/approccio o talento, prima di iniziare a giocare lo scenario. Qui potete concretamente vedere i risultati di questo approccio. 

Un’altra alternativa è quella di creare dei cartoncini con sopra scritti aspetti pregenerati e con dietro scritti stunt o informazioni per facilitare la creazione dei personaggi. In questo modo, almeno la creazione dei personaggi sarà più rapida e subirà di meno il classico panico da foglio bianco. Questa tecnica è spiegata nell’articolo “Pre-Generated Aspects” di Jason Corley, che trovate in The Fate Codex, vol. 2, n. 2. 

Un altro metodo ancora è quello di supervelocizzare la creazione dei personaggi col metodo ideato da Scott Martin tramite i character blocks, che potete leggere in questo articolo. 

Insomma, di alternative ne avete parecchie ma, se proprio volete sapere quello che io non farei mai e poi mai, è proprio arrivare al tavolo con l’avventura scritta e i personaggi pregenerati. È la peggiore delle scelte che avete davanti, per il semplice fatto che tradisce in profondità la filosofia di Fate e lo fa sembrare semplicemente un gioco qualunque, come tanti altri. E Fate non è così.

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