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Perché paragoniamo i giochi quando non dovremmo

Nel mio post precedente ho cercato di spiegare perché, quando si presenta un nuovo gioco di ruolo, bisogna evitare di fare paragoni “in negativo” rispetto a quelli vecchi già conosciuti dal gruppo. In questo nuovo post cerco di spiegare perché, secondo me, l'abitudine di fare paragoni è così ben radicata e dura a morire.
Le ragioni, a mio avviso, sono tre:

1. Genuino entusiasmo

Lo abbiamo detto anche nel post precedente: quando presentiamo un gioco dovremmo farlo con entusiasmo rispetto a quel gioco. Ma l’entusiasmo ci può portare all’eccesso di informazioni, e l’eccesso di informazioni è negativo in qualunque comunicazione umana, perché causa noia e spaesamento nell’interlocutore.
Siccome tutti ne siamo in qualche modo consapevoli, cerchiamo di ovviare al problema riportando le nostre parole all’esperienza diretta dell’interlocutore stesso, ossia ai giochi che già conosce. Ma, facendo così, ci potiamo in maniera pericolosamente vicina al criticismo, e tutto in buonissima fede.
L’eccesso di entusiasmo ci porta anche a parlare del nostro gioco come se fosse “l’unico al mondo”, il nostro preferito, il “più meglio di tutti” (ne parlo meglio sotto). Questo genere di atteggiamento, per il fenomeno del bastian contrario, trova spesso più avversatori che non. Ossia, molti interlocutori, davanti al nostro genuino entusiasmo senza freni, risponderanno in maniera scontrosa e antitetica alle nostre posizioni, semplicemente “perché sì”.
Se poi facciamo paragoni è finita: “Non solo mi stai rompendo le palle, vieni a tirarmi un pippone sul tuo nuovo gioco, ma osi anche dire che è meglio di quello vecchio, a cui giochiamo alla grande e da tempo?!”.

2. Sindrome da Santo Graal

Ok, è una forma di eccessivo entusiasmo, ma è altrettanto disfunzionale. E così hai appena trovato il gioco che ti ha aperto un mondo, il gioco perfetto, e muori dalla voglia di parlarne ai tuoi amici? Tu corri da loro e gli dici per quali ragioni questo nuovo “Santo Graal” è tanto meglio dei giochi che fate di solito. E hai già rotto le uova senza neanche accorgertene.
Anche qui stai agendo assolutamente in buona fede: per te quel nuovo gioco è davvero un figata e non vedi l’ora di condividere la tua esperienza con i tuoi amici, a cui vuoi tanto bene. Ma quasi sempre non verrai apprezzato, per il semplice fatto che nessuno vuole essere salvato da un salvatore autoproclamatosi tale (e poi metteteci pure la sindrome del bastian contrario, già espressa sopra).

3. Le estremizzazioni creano identità

Ragazzi, funziona allo stesso modo anche con le dittature e le religioni estremiste: avere delle opinioni forti, senza vie di mezzo, rafforza un’identità in via di formazione, barcollante, incerta.
E così hai appena trovato il gioco di ruolo perfetto? È bellissimo, non è vero? Ti ha appena aperto un mondo, ma non ci hai ancora giocato e non lo hai neanche capito del tutto, ma è così chiaro che sia molto meglio dei vecchi giochi che facevi con i tuoi amici. Prendi e vai da loro e gli spieghi perché questo nuovo gioco è così “troppo più meglio” di quelli vecchi.
E sai qual è la cosa peggiore? Non lo stai davvero facendo per loro. Lo stai facendo per rafforzare la tua convinzione personale, o un mix della loro e della tua, ma la tua c’è di mezzo di sicuro. Meglio starci attenti!
Di questo tipo sono gli articoli che scrivevo sul mio blog attorno al 2012-2013 e che a rileggere adesso mi sembrano tanto ingenui. La verità è che servivano soprattutto a me per capire chi ero, da che parte volevo andare, quali erano le mie convinzioni. Allo stesso modo, questo è il genere di post che ora vedo talvolta sul blog di alcuni amici o di alcuni conoscenti in rete. Tutto normale: è un passaggio indispensabile per “crescere”, a quanto pare, ma in altri ambienti, in altri ambiti, può fare tanti danni.
Come conclusione, posso dire che penso che ci siano anche altri aspetti da tenere in considerazione in questa breve analisi fatta a spanne, ma per ora questi sono quelli che mi vengono in mente. Noterete facilmente come partano tutti da ottime intenzioni, ma si sa che “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”.

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