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Soviet :: Dossier n° 1.2

Il gruppo si mette all’opera per cercare di arginare la nuova, inaspettata presenza nazista. Durante le peregrinazioni nella base, si imbattono in un soldato tedesco impaurito e disarmato, probabilmente rimasto isolato dalla sua squadra dopo qualche problema con dei Morti, e decidono di ucciderlo e farlo a pezzi (per evitare problemi con il Risveglio), dal momento che non possono fidarsi di lui né hanno intenzione di portarselo appresso come prigioniero.
Il pauroso silenzio dell’istallazione I.V.A.N.H.O.E. viene interrotto quando i tre sovietici incrociano le loro strade con una squadra di soldati della Wehrmacht che ha con sé una prigioniera loro connazionale. Subito ne nasce uno scontro a fuoco, dove i seguaci di Z.A.R. hanno la meglio e riescono a rifugiarsi, con la donna appena salvata, al riparo dei nazisti, risorti come Morti.
La ragazza dice di chiamarsi Yelena Kunitskaia (n° di codice: NKV 5-181F29), mostra un’età di poco inferiore ai trent’anni e indossa una tuta da meccanico che ne identifica la mansione. Il suo racconto chiarisce la dinamica dei fatti accaduti all’istallazione e spiega l’improvviso assalto dei nazisti, nonché in quale parte della base si trovino in questo momento, secondo le sue stime (Yelena mostra di essere un’esperta conoscitrice dei condotti dell’avamposto I.V.A.N.H.O.E.).
Dopo aver analizzato la situazione a mente fredda e aver capito che tra i nazisti e loro c’erano diverse stanze e condotti pieni zeppi di Morti, la scelta dei sovietici è quella di recarsi nella sala di controllo delle difese dell’istallazione per azionare gli obici posti a difesa dell’avamposto verso l’ala dove si sono rifugiati i tedeschi. La scelta arriva dopo varie riflessioni, perché va in parte contro le consegne di Z.A.R., che aveva ordinato di salvare per quanto possibile la struttura ma, data la situazione, sembra l’unica soluzione praticabile in sicurezza che metta definitivamente fuori gioco gli invasori teutonici.
I calcoli, in effetti, non si rivelano sbagliati e i quattro servi di Z.A.R. vedono quella parte di base crollare addosso alle forze naziste, di cui la maggioranza perisce schiacciata sotto le lamiere e il cemento; solo un piccolo gruppo riesce a fuggire dalla base con la coda tra le gambe: le città sovietiche di Z.A.R. sono salve, per ora!
Diversi giorni dopo, quando gli eroi tornano a Nuova Kiev, dopo aver riparato il treno con l’aiuto di Yelena e aver liberato il tunnel crollato grazie all’aiuto di una biomacchina scavatrice, vengono insigniti per l’impresa, nonostante i danni all’avamposto I.V.A.N.H.O.E., dal momento che in questo caso le ragioni della sicurezza dovevano avere giustamente la precedenza.

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