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Ardal O’Riley

Ardal O’Riley nacque dal padre, Connor, e dalla madre, Mairin, due irlandesi di fede cattolica, a Calendimaggio (1° maggio) dell’anno 1981, nella città di Denver (Colorado).
Connor, quando viveva ancora in Irlanda, nella città di Londonderry (che lui amava chiamare Derry, essendo un patriota irlandese, pur vivendo in una città dell’Ulster), era un giovane ragazzo idealista ed attivista politico, arruolatosi tra i ranghi dei Fianna Éireann, il movimento dei giovani repubblicani irlandesi.
Rimasto coinvolto nel massacro del 30 gennaio 1972 (passato alla storia come la Domenica di Sangue) dove, delle migliaia di pacifici irlandesi che manifestavano, ventisei persone furono bersagliate senza ragione dal fuoco del 1° battaglione dei paracadutisti britannici, comandati dal tenente colonnello Derek Wilford e dal suo secondo, il capitano Mike Jackson. La protesta riguardava la invocata abolizione di una legge, varata dal parlamento inglese, che prevedeva delle deroghe sui diritti personali, al fine di combattere il terrorismo dell’IRA (Irish Republican Army), che negli ultimi anni aveva raggiunto quote allarmanti per il governo britannico.
Connor fu superstite per caso, ma molte di quelle ventisei persone colpite dai proiettili dei soldati britannici, di cui “solo” quattordici morirono, lui le conosceva molto bene. Erano suoi vicini di casa, facevano parte dello stesso quartiere. Alcune le vedeva la domenica a messa, altre ancora erano suoi parenti alla lontana.
Estraniato dallo schifo che provava per gli inglesi ed i loro metodi, incalzato ricordo del dolore che la città di Derry causava in lui; Connor, appena diciottenne, salutò i suoi cari, che si sentivano ancora troppo ancorati al suolo irlandese e, all’inizio dell’anno seguente (1973), si imbarcò per gli Stati Uniti d’America, nello stesso periodo in cui altre famiglie cattoliche irlandesi dell’Ulster emigravano per cercare un rifugio dalla silenziosa guerra civile, dalle violenze e dalle discriminazioni.
Sbarcato a New York e superate le trafile burocratiche, riuscí a trovare lavoro come operaio delle ferrovie, ma dovette trasferirsi al capolinea, nella remota città di Denver, capitale dello stato del Colorado. Là, dopo cinque anni di duro lavoro come manutentore della linea ferroviaria, nel 1978 venne licenziato e, dopo un certo periodo di vagabondaggio – non avendo più una casa – riuscí a trovare un lavoro dignitoso, anche se non troppo ben pagato, come postino. Non avendo i soldi per permettersi di affittare un’abitazione per intero, trovò una sistemazione presso una famiglia di irlandesi immigrati da alcune generazioni, i Magguire, dai quali venne accolto come un figlio, a causa delle comuni origini e del fatto che questi lo considerassero un bravissimo ragazzo di sani princpî e con una storia triste alle spalle. Non passò molto che tra Connor e la giovane figlia dei Magguire, sua coetanea, nacque del tenero e, con la benedizione dei suoi, un fidanzamento di due anni.
Finalmente, nel 1980, i due giovani giunsero a delle nozze molto felici, dalle quali, un anno dopo, nacque il piccolo Ardal. Mairin, grazie all’influenza di suo padre, che era abbastanza ricco ed agiato, trovò lavoro presso la biblioteca di Denver mentre, lentamente ma inesorabilmente, Connor faceva carriera negli uffici postali, giungendo ad incarichi di responsabilità meglio remunerati.
Ardal crebbe come un ragazzino dalla doppia cittadinanza (americana ed irlandese), imbevuto di cultura americana ed irlandese allo stesso tempo. Fin da piccolo la mamma gli raccontava le leggende e le favole del popolo fatato e dei leggendari discendenti della dea Dana, i Tuatha de Danaan, la mitica tribù di eroi divini d’Irlanda. Gli raccontava delle vicende delle fate e dei fomori, i grandi nemici degli dèi contro i quali grandi eroi tra gli uomini combatterono.
Suo padre, per conto suo, non gli permetteva un secondo di dimenticarsi delle sue origini, narrandogli ciò che aveva passato negli anni in cui abitava in Irlanda, di ciò che significava per gli irlandesi la libertà stessa. Cosí Ardal crebbe con le motivazioni e le idee della Questione Irlandese, nella mente e nel cuore, accanto alle dolci ed idilliache fiabe materne.
Man mano che diventava grande, la sua immaginazione, accompagnata dalla sua spiccata intelligenza, cresceva ed egli si figurava tutte queste cose nella sua mente. Immaginava i magici regni dei re delle fate, della sapienza e della saggezza dei druidi, delle dolci fanciulle dalle orecchie a punta e dei cavalieri al servizio del nobile alto re. Immaginava anche gli anni di guerra civile, di lotte e di sofferenza che nemmeno ora erano, per il suo popolo, del tutto finte. La sua mente spaziava verso letture fiabesche, che col tempo sfociarono nell’occulto, e storiche, che ben presto diventarono ricerca arcana. Ogni volta che andava a trovare sua madre, presso la biblioteca, rimaneva come intrappolato nel fantastico mondo dei libri. Nessuna conoscenza lo saziava, la curiosità mandava avanti la fiamma della sua vita, che risplendeva nei riflessi cristallini dei suoi splendenti occhi verdi e nelle sfumature sul filo dei suoi capelli color carota. Ognuna delle centinaia di lentiggini sulle sue gote era per lui una galassia da esplorare, e Ardal certo aveva il coraggio necessario a non tirarsi indietro da questa sfida che a lui, nel suo piccolo, appariva di grande dignità.
Da quando si è iscritto alla scuola secondaria, ha manifestato una grande attitudine per tutte le materie, stimolate dalla sua mutevole ed acuta intelligenza; si è fatto molti amici, grazie al suo modo di fare semplice, alla mano, che affascina gli astanti, alla sua bellezza genuina, un po’ fatata ed esotica, pur non spiccante. Ora (1999) frequenta l’ultimo anno di scuola secondaria ma, già da alcuni anni, la sua immaginazione quasi infantile è stata contaminata dalla venuta della maturità: se prima immaginava di rendere reali le favole nella sua mente, ora Ardal è consapevole che questo non è possibile. Non sogna più, ma studia. Studia la storia, la religione, le tradizioni, la lingua e l’occultismo del suo popolo.
L’occultismo: quest’ultimo in particolare dà sfogo alla sua ancora scaturente fantasia; si interessa – all’insaputa dei suoi genitori che scambiano la sua fanatica ricerca per rigore accademico – delle pratiche druidiche in un modo che per un cattolico bigotto sembrerebbe sicuramente blasfemo ed offensivo nei confronti della religione. Rune, vischio, incisione del legno, lavorazione dei metalli, riti di sangue, sacrifici rituali ecc.. «Se tutte queste cose fossero vere...», pensa spesso tra sé e sé. Ma sono tutte cazzate: «trastulli di bimbi», come diceva un certo filosofo greco, di cui Ardal non ricorda il nome. Eppure continuano a rimanere stranamente affascinanti.

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