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Sargonnas – Zeboim

Il mattino del primo giorno di viaggio verso Solanthus...
Una figura virile, coperta da un’armatura di placche nere ma rilucenti, come la lava ardente, con lingue di fuoco scarlatte che fuoriescono dalle giunture e dai bulbi oculari, si staglia, seduta su un trono d’ossidiana, nel mezzo di un deserto di sabbia scura, macchiata dal sangue dei corpi trafitti dalle lance impilate per terra. Il cielo è tetro e, dalle irrequiete nubi grigie, tuona con lampi oscuri.
Da lontano giunge una figura femminile: ovunque posi il passo sgorga acqua sulla superficie dell’arido deserto di sofferenza. Ha la pelle squamata di scaglie del colore delle profondità oceaniche, simili a quelle di una tartaruga. Sul dorso, lungo l’avambraccio e sulle gambe propendono pinne di un rosso pulsante.
Nell’aria risuona una voce femminile da domatrice, che lascia intravedere un tono ribelle ed indomito:
«Mi hai fatta chiamare, padre?»
In risposta giunge una voce profonda e tonate:
«Comanda ai tuoi luogotenenti di prendere le armi e di recarsi nella posizione stabilita. Abbiamo già atteso a lungo, ed ogni istante di temporeggiamento aiuta solo il nemico».
«Sei sicuro che sia una decisione saggia?»
La figura nera sbatte rumorosamente il pugno sul bracciolo del trono d’ossidiana, accompagnato dall’eco di un tuono lontano.
«La città va espugnata ora!»
«Allora considerala una cosa fatta».
«Me lo auguro».
«Che ne sarà di quel gruppo di mortali?»
«Lasciamoli fare: ho già preparato loro una sorpresa per assicurarmi che la loro avventura sia il più breve possibile».
La donna si gira con decisione, allontanandosi rapidamente dal trono scuro. Dietro di sé una scia di guizzi emerge dal suolo.

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